I vincoli normativi del welfare aziendale, i limiti e le modalità di fruizione sono sanciti dalle seguenti norme in vigore:
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi definisce quali servizi di benefit aziendali non costituiscono reddito da lavoro dipendente.
Tali testi normativi in materia di welfare disciplinano il modo in cui i premi di produttività si traducono in benefici aziendali.
Gli atti dell’Agenzia delle Entrate forniscono interpretazioni e definiscono fedelmente le norme del TUIR e della Legge di Bilancio e Stabilità in tema di welfare aziendale.
La soglia di esenzione fiscale dei Fringe benefit attualmente è di 258,23 euro per dipendente per l'intero anno 2023.
Novità Decreto Aiuti-quater - 18/11/2022 in vigore fino al 12 Gennaio 2023
Dopo l'annuncio ufficiale dello scorso agosto del raddoppio dei fringe benefit (il decreto Aiuti-bis), il governo Meloni ha varato un nuovo provvedimento. Con D.L. n. 176/2022 (decreto Aiuti-quater), la soglia “esentasse” per i fringe benefits viene innalzata da 258,23 euro (portata a 600 euro dal decreto Aiuti-bis di agosto) a 3.000 euro nel 2022. Ulteriore riconoscimento del valore di questo strumento come supporto diretto ed efficace al costo della vita.
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Il decreto Aiuti-bis pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 agosto 2022 ed entrato in vigore il 10 agosto, ha introdotto (art. 12) per l’anno fiscale 2022 un incremento della soglia di esenzione fiscale dei Fringe benefit dagli attuali 258,23 euro a 600 euro. Di conseguenza, il valore complessivo dei Fringe benefit utilizzati dal lavoratore nel corso del 2022 non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente soltanto se non supera la soglia dei 600 euro.
Con il decreto Aiuti-bis 2022 tra i Fringe benefit aziendali non tassati vengono fatti rientrare anche le spese per le utenze domestiche (acqua, gas e luce). Ciò significa che imprese e datori di lavoro possono riconoscere un bonus bollette in busta paga fino a 600 euro non soggetto a Irpef, per aiutare i dipendenti a pagare le bollette di casa. La somma da riconoscere in busta paga come bonus bollette è scelta dall’azienda, che può gestire il plafond di 600 euro a propria discrezione.
Il decreto Energia ha introdotto la possibilità per i datori di lavoro di erogare voucher per pagare la benzina per i dipendenti, fino a un massimo di 200 euro per lavoratore. I buoni carburante sono validi fino al 2022, con possibilità di concederli anche nei primi 12 giorni del 2023, indipendentemente dal loro utilizzo in periodi successivi. Il buono carburante (bonus benzina) è un’agevolazione welfare ulteriore rispetto ai Fringe benefit: ciò significa che per il 2022 alla soglia dei 600 euro si aggiungono ulteriori 200 euro bonus carburante. Di conseguenza, un datore di lavoro può concedere a un singolo dipendente:
Quanto costa il bonus carburante? Per il lavoratore si tratta di un benefit esentasse, per il datore di lavoro le spese sostenute per i bonus benzina sono interamente deducibili dal reddito d’impresa, a patto che l’erogazione dei buoni sia collegata al rapporto di lavoro e che il relativo costo sia qualificato come inerente.
All’interno delle normative che disciplinano il welfare, gli articoli 51 e 100 del TUIR definiscono quali sono i servizi welfare che possono essere giuridicamente configurati come benefici aziendali ai fini fiscali e che, di conseguenza, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente e presentano vantaggi rispetto alla fiscalità.
I benefici del welfare aziendale possono essere utilizzati oltre che dal dipendente anche dai suoi familiari. cfr. art. 12 del TUIR ovvero da:
Affinchè i familiari possano beneficiare di tali misure non rileva essere conviventi o fiscalmente a carico del lavoratore a cui è destinato il welfare.
In conclusione, il discrimine tra deducibilità totale o parziale delle spese da parte dell'azienda è la volontarietà o l'obbligatorietà nell'erogazione dei Flexible benefit.
I servizi di welfare non sono inoltre soggetti a tassazione ai fini Irpef, in quanto non entrano a far parte del reddito di lavoro su cui si calcola tale imposta.
Presupposto essenziale per la completa detassazione è l’erogazione dei benefit aziendali da parte del datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori. Se, invece, i bonus e premi aziendali sono concessi ad personam o costituiscono vantaggi solo per alcuni lavoratori, tali misure costituiscono reddito per gli stessi e vengono assoggettati al regime di tassazione ordinario. Questo vale sia in caso di benefit welfare introdotti volontariamente dall’impresa, sia in caso di benefit negoziati, come per esempio la conversione del premio di risultato, o concordati tra l’azienda e i sindacati mediante contratto, accordo o regolamento aziendale.
La legge di Stabilità 2017 ha previsto che il cosiddetto Premio di Risultato (PDR) che già gode di un’aliquota IRPEF e addizionali agevolate del 10%, possa essere convertito nei beni e servizi Welfare elencati all’Art. 51 e all’art.100 del TUIR al verificarsi di determinate condizioni.
il dipendente deve aver conseguito nell’anno precedente una retribuzione non superiore a € 80.000;
l’importo massimo annuale di premi di risultato convertibile deve essere pari a 3.000 euro lordi e a 4000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro;
i criteri per definire il premio di risultato (incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione) devono essere misurabili, effettivamente realizzati e regolamentati da un contratto aziendale o territoriale.
In concreto tale possibilità consente al dipendente, anziché ricevere il premio di risultato in busta paga tassato al 10%, di usufruire della cifra intera esentasse da spendere in beni e servizi di welfare aziendale, aumentando così il proprio potere d’acquisto. La Legge di Stabilità 2017 ha previsto i premi di risultato anche per il settore pubblico, oltre che per quello privato.
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Rientrano tra i Flexible benefit aziendali:
- servizi di assistenza per i familiari disabili o anziani non autosufficienti;
- attività ricreative, come per esempio circoli sportivi e palestre;
- attività culturali, come gli abbonamenti a cinema e teatro;
- attività sociali, per esempio esami e check-up medico, centri di recupero, centri di assistenza psicologica, centri di riabilitazione, centri di assistenza parasanitaria e case di cura;
- attività educative, come i corsi di lingue;
- altre attività legate a servizio di trasporto collettivo, contributi alle Casse di assistenza sanitaria, contributi alle forme pensionistiche complementari.
Inoltre i Flexible benefit includono somme, servizi e prestazioni erogati per la fruizione da parte dei familiari dei dipendenti di servizi di educazione e istruzione (anche in età prescolare), compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, e di servizi per la frequentazione di ludoteche e di centri estivi e invernali o borse di studio. A questo paniere di beni e servizi si aggiunge la categoria dei Fringe benefit erogati sotto forma di buoni acquisto digitali, come per esempio i buoni spesa o i buoni carburante.
All’interno dell’ampia gamma dei Flexible benefit erogabili dall’azienda è presente la categoria dei cosiddetti Fringe benefit. Mentre i Flexible benefit sono complementari alla retribuzione ordinaria, i Fringe benefit sono compensi in natura corrisposti dall’azienda al lavoratore non in busta paga sotto forma di denaro, ma attraverso l’erogazione di beni e servizi, che costituiscono vantaggi accessori e aggiuntivi rispetto allo stipendio ordinario che il lavoratore percepisce.
I Fringe benefit sono erogati dal datore di lavoro sotto forma di buoni acquisto digitali e possono appartenere a diverse tipologie: i buoni carburante, le shopping card, i buoni spesa, le convenzioni per acquisti sono tutti esempi di Fringe benefit.
Con “compenso in natura” si intendono tutti i benefici erogati dalle aziende ai suoi dipendenti. I Fringe benefit compaiono ogni mese in busta paga e fanno parte della categoria “compenso in natura”. La principale caratteristica è che si tratta di un’erogazione a discrezione dell’azienda, che ne definisce modalità e importo.
No, perché i beni e servizi che il lavoratore riceve nell’ambito di un piano welfare aziendale non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente e quindi sono completamente detassati ai fini Irpef.
Con un recente interpello l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che anche per i lavoratori in smart working si applica la tassazione agevolata prevista per i buoni pasto sia cartacei che elettronici (interpello numero 956-2631/2020 Direzione Regionale del Lazio).